La Cassazione torna sui limiti alla risarcibilità del danno tanatologico

La Cassazione torna sui limiti alla risarcibilità del danno tanatologico
31 Luglio 2020: La Cassazione torna sui limiti alla risarcibilità del danno tanatologico 31 Luglio 2020

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 13261/2020, ha confermato quanto statuito dai giudici del merito, che avevano rigettato la domanda proposta dall’attore per ottenere il ristoro “iure hereditatis” del danno da morte patito dal figlio in conseguenza di un sinistro stradale mortale, accogliendo solo quella promossa per i danni richiesti “iure proprio”.

La Corte, nella circostanza, ha ribadito che la perdita della vita di un individuo può costituire un danno non patrimoniale per i congiunti che le sopravvivono, ma non per chi viene a mancare.

Trattasi, tuttavia, di una verità che non può considerarsi assoluta.

A tal proposito è bene ricordare che è vero che in linea di principio il nostro ordinamento non considera risarcibile il danno “iure hereditatis” da perdita della vita – se si eccettua un precedente giurisprudenziale isolato (Cass. civ., n. 1361/2014) –, ma solo quello “iure proprio” da perdita della relazione parentale.

Tuttavia, la portata di tale assunto deve essere relativizzata in ragione dell’esistenza di quella peculiare tipologia di danno nota come tanatologico, che consiste nella sofferenza patita dal defunto prima di morire a causa delle lesioni fisiche derivanti dal fatto del terzo.

Esso viene definito come danno morale terminale o da lucida agonia subito dalla vittima per la sofferenza provata nell’avvertire consapevolmente l'ineluttabile approssimarsi della propria fine e rappresenta un danno risarcibile “iure hereditatis” agli eredi del defunto, ma ad una sola condizione.

Tra l’evento cui sono derivate le lesioni mortali e il decesso dell’individuo deve trascorrere un “apprezzabile periodo di tempo”, nel corso del quale la vittima deve essere cosciente.

Circostanza che nel caso in commento non ricorreva, essendo il giovane deceduto a distanza di brevissimo tempo dal sinistro e in assenza di alcun elemento idoneo ad indicare che in tale periodo fosse rimasto cosciente.

La Corte, pertanto, nel motivare il rigetto della domanda di risarcimento del danno da perdita della vita “iure hereditatis”, si è correttamente richiamata all’insegnamento delle Sezioni Unite, secondo cui “non è risarcibile nel nostro ordinamento il danno “da perdita della vita”, poiché non è sostenibile che un diritto sorga nello stesso momento in cui si estingua chi dovrebbe esserne titolare” (così, SS.UU. n. 15350/2015).

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